Suonava il nuovo gruppo di Jack White e io cercavo di eliminare una pellicina nascosta nell’interno del mio indice. La paranoia era riuscita di nuovo ad uscire e mi stava seduta a fianco, con una gamba accavallata e guardandosi le doppie punte rideva per me, accovacciata con le braccia intorno alle gambe tenevo le sopracciglia aggrottate e pensavo a mille cose diverse tenendo un solo pensiero in fondo alla testa, lasciandolo stagnare lì, sciacquettarsi felice e inconsapevole di me.
-Non è divertente?- dice lei continuando a spulciare tra i suoi capelli
-Cosa?-non la guardo nemmeno, tengo gli occhi addosso al mio dito,non ha tregua
-Tutto questo. Io, te, lui…è fantastico, banale, semplice, comune. Ti uccide,ahah-
Mi uccide si. Che lei mi dica che sono banale,comune,semplice; che lui non sia; che io sia seduta a fianco la mia paranoia; che lei abbia libero accesso al mio mondo esteriore e non rimanga solo in quello interiore; che possa portarmi qui, in un limbo dai muri morbidi e mucosi, rosa lucido, che pulsano come le casse e suonano come un basso, che io sia su un letto che è uguale al mio, che lei non abbia piedi, che questa specie di stomaco vortichi facendomi salire la nausea, che io continui a seviziare il mio indice nonostante stia cominciando a sanguinare, che lei rida di me,per me,su me facendosi sempre più bella perché la mia paranoia su lui non la smette di crescere.
-Voglio uscire-
-Ahahah,non mentire. Hai il cervello in pappa. Non vuoi uscire, vuoi solo continuare a farti male- mi fissa e ghigna
-Che palle-
-Rachele?-
-Si-
-La vuoi una sigaretta?-
La vedo tesa davanti me. Le sue dita bianche che cominciano ad avvicinarsi,sento l’aria che era mancata fino a quel momento cominciare ad accarezzarmi, mi gira intorno, mi scivola addosso, mi cola addosso, dal collo alla pancia, dentro le gambe,sulla schiena, ovunque scende e sale,si muove, io chiudo gli occhi e sento aria calda andare sempre più giù,sento formicolare le gambe,girare piano piano la testa, sento mani addosso,perdo la testa, persa in mezzo al diletto di tutto quell’essere centro,non c’è più posto, nemmeno essere ferma, non c’è più niente,solo aria e calore, e brividi e una vaga confusione che mi fa ballare come su una nave,senza base,ondeggiare,finire a terra,tremare,rialzarmi,tenermi alla parete mucosa,scivolare, essere disgustata per tutto quel viscidume, sentire la nausea,un qualcosa che sale e io non voglio. Sale,sale,sale,sale,sale e apro gli occhi. Un armadio mi si para di fronte,corro in bagno e vomito tutto quello che il mio stomaco aveva contenuto fino ad allora. Sudo freddo e mi siedo a terra. Lei mi guarda e sorride
-Sono ancora le cinque del pomeriggio, starò qui per molto amore- e mi tende una mano.
Kkarma