martedì 19 luglio 2011

Set fire to the rain

La pioggia cadeva fitta.
Un bambino guardava dalla finestra quello spettacolo strano, con la bocca semiaperta e le mani sul vetro.
Una donna in mezzo alla strada correva scomposta guardando ogni tanto quelle gocce che spigionavano calore.
Giuda. Sporco giuda traditore.
La luce del cielo giallognolo sembro infiammarle i capelli attraverso l’enorme finestra del palazzo.
Si era tolta il cuore e glielo aveva buttato ai piedi.
E lui le aveva rubato tutto. 
Tutto cominciava a riscaldarsi. La pioggia cadeva fitta. L’aria era diventata tutta vapore.
Sporco giuda traditore. Camminava lentamente dietro di lui. Sentiva fischi di gocce di pioggia caderle vicino, sfiorarla, sentiva il calore.
L’asfalto cominciò a ribollire. Le macchine friggevano sotto la pioggia. Le persone cominciarono a correre via spaventati e a nascondersi dentro i negozi.
Anche l’ombrello di quel porco traditore cominciò a scaldarsi, tanto che lui lo gettò a terra con un urlo di dolore.
La luce gialla illuminava i vaporosi capelli rossi che le ondeggiavano intorno al bel viso rotondo.
Lei si fermò.
Giuda. Sporco giuda traditore.
Lui non poté fare altro che fermarsi. Aveva i piedi inchiodati a terra. L’asfalto si stava sciogliendo e le sue scarpe si erano irrimediabilmente incollate al suolo.
Cercò di staccarsi ma non ci riuscì. Iniziò a sfilare dalle scarpe un piede alla volta.
Lei guardò in su.
Le nuvole si raggrumarono velocissime.
Si abbassarono in un lampo.
Riprese a camminare e lo superò.
Sporco giuda bastardo.
Cominciarono a cadere fiamme.
 L’unica persona a non essere al riparo era quello sporco giuda traditore, incollato all’asfalto.
I suoi grandi passi si attutivano lasciando spazio alle urla di terrore per quella pioggia infuocata.
Non si guardò indietro.
Sollevò lo sguardo di nuovo in alto e le fiamme cominciarono a cadere fitte e rapide.
Sentì l’urlo che stava aspettando.
Maiale. Infame e traditore. Giuda.
Chiuse gli occhi rallentando per poco il passo.
La pioggia cessò.


Tutti accorsero a vedere cosa fosse rimasto di quell’uomo bruciato vivo.

lunedì 11 luglio 2011

The Only Exception

Un giorno ho visto mio padre cadere e andare in frantumi il suo cuore. Raccolse i pezzi in fretta, vergognandosi, come un ladro li prendeva e li infilava nella tasca della giacca.
Mia madre non c’era già più.
Appena mio padre rientrò salendo di corsa nella sua stanza io andai fuori, proprio dove il cuore si era frantumato, e raccolsi tutti quei granellini, quasi polvere, che erano rimasti a terra. Li conservai, per quel giorno in cui sarebbe venuto a chiedermi di rincollare tutto.
Eppure aspettai tanto. Io crescevo e lui aveva un buco nero nel petto. Dormiva poco, forse aveva paura di morire senza cuore. Ma non venne mai a chiedermi di aggiustarglielo. Ogni tanto stavo fuori casa per un po’, ma tornavo presto, poteva sempre essere il momento giusto. Ma non avevo speranze. Mio padre non veniva mai con i suoi frammenti di cuore in mano a chiedermi di aiutarlo.

A volte pensai che avrebbe potuto ricrescergli. Ma anche la notte, quando appena appena si addormentava, riuscivo a vedergli quel buco tremendo sotto la camicia.
Io sapevo che era per la mamma, per quella cosa brutta che gli aveva detto mentre andava via. Io l’avevo guardata da lontano. Ho sempre pensato che lei non lo avesse mai avuto il cuore, al contrario di mio padre.
Resistette poco  a quella partenza prolungata. Dopo qualche mese inciampò e il cuore si ruppe tutto.
Anche questo avevo visto da lontano.
I granellini ogni tanto luccicano. E penso che sia perché mio papà si avvicina alla mia stanza. Lo sentono e sperano con me che entri per farsi medicare.

Conobbi l’amore e l’indifferenza insieme. E decisi subito che io volevo l’amore, a costo di stare senza cuore, a costo di dormire poco e di raccogliere i pezzetti in strada, come una ladra. Ma volevo l’amore, proprio come il mio papà. Magari avrei potuto capirlo di più senza cuore. Cercai di spezzarmelo più volte, ma non ci riuscii mai. 
Un giorno ci fu una tempesta e dalla mia finestra il vento si portò via le mie bricioline di cuore. Piansi come non mai, e mentre piangevo sentii uno scricchiolino. Piccolo piccolo. Ne fui così felice che smisi di piangere. In fondo quel cuore si poteva aggiustare anche senza la polvere.
Negli anni lo sentii scricchiolare altre volte. Non faceva male, graffiava soltanto.
Un giorno mi innamorai di un ragazzo. Era bello, con gli occhi brillanti e un sorriso buono. Mi prendeva e mi sollevava. Io ridevo e pensavo che avevo fatto bene a scegliere l’amore, perché questa felicità non avrei potuto provarla altrimenti.
Mi portò dei fiori di campo, pieni di colori e di profumi. Mi scrisse una lettera d’amore e mi baciò.
Avevo smesso di rimanere in casa, a volte mi dimenticavo di quei pezzi nascosti chissà dove.
Ma il mio cuore era così felice che non riuscivo a pensare ad altro. Ero innamorata e stavo dimenticando cosa fosse la solitudine di un cuore scricchiolante e di un cuore rotto.
Mio padre era sempre uguale. Sempre con quel grosso buco che avrei voluto riempire con un po’ del mio. Me ne sentivo così tanto nel petto da star male di felicità a volte.
Mi ricordo che il sole brillava tantissimo. Lo vidi mano nella mano con una ragazza, baciarla e regalarle gli stessi fiori di campo pieni di colori e di profumi. Lo vidi da lontano. Cominciai a correre, ma caddi.
Nella caduta loro si girarono e io mi alzai di scatto, non volevo che mi vedesse. Ma quando mi alzai vidi a terra i frantumi rossi del mio cuore. Raccolsi i pezzi in fretta, vergognandomi, come una ladra li prendevo e li infilavo nelle tasche della gonna.
Tornai a casa correndo in camera mia. Entrai e li guardai. Avevo scelto l’amore, avevo scelto di essere come mio padre. E così era stato. Lo sapevo che non avrei mai amato nessun altro come lui. Che quella felicità, ed ogni altra, nel mio cuore integro e puro non sarebbe mai più tornata. Sapevo che nessun sorriso sarebbe tornato sulla mia bocca, com’era stato per mio padre. Non riuscivo a piangere. Li guardavo nelle mie mani e sentivo un gran vuoto, un immenso nulla.
Mio padre bussò alla mia porta. Entrò e si sedette vicino a me. Tolse dalla tasca della giacca un fazzoletto. C’erano i suoi frantumi. Poi mi scostò la camicetta e infilando la mano nel buco nero ne tolse quasi un’intera metà di cuore.
Infilò una mano nel suo buco nero e ne tolse quasi un’esatta metà di cuore.
Mi sorrise, tenendo in mano il suo pezzo.
Io gli sorrisi, tenendo in mano la mia metà.
Erano la nostra unica eccezione concessa dall’amore.
Per noi due, solo per noi due, erano rimaste quelle metà.
-Aggiustiamoli insieme. – mi disse.

sabato 9 luglio 2011

22.2

Solo che adesso, tre anni dopo, mi guardo allo specchio e mi chiedo come diavolo ci sia finita qui. Ho il vestito strappato e il trucco sbavato. Non ho soldi neanche per bere ancora. Sto appoggiata allo specchio facendomi spazio tra queste altre ragazze un po' ubriache pronte a farsi scopare in qualche angolo. Mi guardo e penso che una volta avevo un futuro certo, magari non appagante, ma sicuro e facile. Facilissimo. E invece ora, da quando i miei mi hanno beccata strafatta,mezza nuda e avvinghiata a uno stupido attore famoso di cui non ricordo nemmeno la faccia, non ho più nulla. Sono andata via da Londra lo stesso anno in cui sono arrivata. Avevo 22 anni, quando mi hanno detto : se vuoi cantare qui devi cambiare la voce. bevici e fumaci sopra poi torna, mi sono resa conto che potevo cambiare tutto,provare tutto, poi tornare e riprendere la mia favola di vita. Solo che mi hanno beccata prima, trovata come una cretina sulle pagine di un giornale da parrucchiere. Tagliato carte,conti e ponti. Mi hanno mollata lì,come se non avessero mai avuto una figlia. E allora ho raccolto quel poco che mi rimaneva e sono tornata in Italia. A casa non ho proprio messo piede. Mi sono messa a ballare su un cubo in una discoteca. Mi pagano,ci vivo. L'anello me lo sono venduto prima che me lo potessero rubare. La vita difficile io non la so fare. Non ho idea di come sia finita qui. Principalmente non me lo ricordo. Adesso mi piace tutto e tutti. Sorrido o mando baci. So fare solo questo. Qui non interessa a nessuno se so cantare. muovo il culo e basta. Ogni tanto penso alla mia bella casa, ai gioielli che brillavano come me.Alle cose che avrei potuto avere ora. Poi mi guardo la mano, ingoio questi coriandoli colorati e torno in mezzo alla musica. Ho 25 anni, mi chiamano tutti Chicca, ero bella ma sono un po' sfatta. Lavoro tutte le notti e di giorno dormo. Ho conosciuto la favola e la crudeltà di chi guarda una bella ragazza ballare. Sogno ogni giorno una casa luminosa e  un meraviglioso odore di pulito. Poi mi sveglio senza ricordarmi cosa ho fatto prima di aprire gli occhi. E senza ricordarmi il mio sogno,anche se ritorna tutte le volte.