Un giorno ho visto mio padre cadere e andare in frantumi il suo cuore. Raccolse i pezzi in fretta, vergognandosi, come un ladro li prendeva e li infilava nella tasca della giacca.
Mia madre non c’era già più.
Appena mio padre rientrò salendo di corsa nella sua stanza io andai fuori, proprio dove il cuore si era frantumato, e raccolsi tutti quei granellini, quasi polvere, che erano rimasti a terra. Li conservai, per quel giorno in cui sarebbe venuto a chiedermi di rincollare tutto.
Eppure aspettai tanto. Io crescevo e lui aveva un buco nero nel petto. Dormiva poco, forse aveva paura di morire senza cuore. Ma non venne mai a chiedermi di aggiustarglielo. Ogni tanto stavo fuori casa per un po’, ma tornavo presto, poteva sempre essere il momento giusto. Ma non avevo speranze. Mio padre non veniva mai con i suoi frammenti di cuore in mano a chiedermi di aiutarlo.
A volte pensai che avrebbe potuto ricrescergli. Ma anche la notte, quando appena appena si addormentava, riuscivo a vedergli quel buco tremendo sotto la camicia.
Io sapevo che era per la mamma, per quella cosa brutta che gli aveva detto mentre andava via. Io l’avevo guardata da lontano. Ho sempre pensato che lei non lo avesse mai avuto il cuore, al contrario di mio padre.
Resistette poco a quella partenza prolungata. Dopo qualche mese inciampò e il cuore si ruppe tutto.
Anche questo avevo visto da lontano.
I granellini ogni tanto luccicano. E penso che sia perché mio papà si avvicina alla mia stanza. Lo sentono e sperano con me che entri per farsi medicare.
Conobbi l’amore e l’indifferenza insieme. E decisi subito che io volevo l’amore, a costo di stare senza cuore, a costo di dormire poco e di raccogliere i pezzetti in strada, come una ladra. Ma volevo l’amore, proprio come il mio papà. Magari avrei potuto capirlo di più senza cuore. Cercai di spezzarmelo più volte, ma non ci riuscii mai.
Un giorno ci fu una tempesta e dalla mia finestra il vento si portò via le mie bricioline di cuore. Piansi come non mai, e mentre piangevo sentii uno scricchiolino. Piccolo piccolo. Ne fui così felice che smisi di piangere. In fondo quel cuore si poteva aggiustare anche senza la polvere.
Negli anni lo sentii scricchiolare altre volte. Non faceva male, graffiava soltanto.
Un giorno mi innamorai di un ragazzo. Era bello, con gli occhi brillanti e un sorriso buono. Mi prendeva e mi sollevava. Io ridevo e pensavo che avevo fatto bene a scegliere l’amore, perché questa felicità non avrei potuto provarla altrimenti.
Mi portò dei fiori di campo, pieni di colori e di profumi. Mi scrisse una lettera d’amore e mi baciò.
Avevo smesso di rimanere in casa, a volte mi dimenticavo di quei pezzi nascosti chissà dove.
Ma il mio cuore era così felice che non riuscivo a pensare ad altro. Ero innamorata e stavo dimenticando cosa fosse la solitudine di un cuore scricchiolante e di un cuore rotto.
Mio padre era sempre uguale. Sempre con quel grosso buco che avrei voluto riempire con un po’ del mio. Me ne sentivo così tanto nel petto da star male di felicità a volte.
Mi ricordo che il sole brillava tantissimo. Lo vidi mano nella mano con una ragazza, baciarla e regalarle gli stessi fiori di campo pieni di colori e di profumi. Lo vidi da lontano. Cominciai a correre, ma caddi.
Nella caduta loro si girarono e io mi alzai di scatto, non volevo che mi vedesse. Ma quando mi alzai vidi a terra i frantumi rossi del mio cuore. Raccolsi i pezzi in fretta, vergognandomi, come una ladra li prendevo e li infilavo nelle tasche della gonna.
Tornai a casa correndo in camera mia. Entrai e li guardai. Avevo scelto l’amore, avevo scelto di essere come mio padre. E così era stato. Lo sapevo che non avrei mai amato nessun altro come lui. Che quella felicità, ed ogni altra, nel mio cuore integro e puro non sarebbe mai più tornata. Sapevo che nessun sorriso sarebbe tornato sulla mia bocca, com’era stato per mio padre. Non riuscivo a piangere. Li guardavo nelle mie mani e sentivo un gran vuoto, un immenso nulla.
Mio padre bussò alla mia porta. Entrò e si sedette vicino a me. Tolse dalla tasca della giacca un fazzoletto. C’erano i suoi frantumi. Poi mi scostò la camicetta e infilando la mano nel buco nero ne tolse quasi un’intera metà di cuore.
Infilò una mano nel suo buco nero e ne tolse quasi un’esatta metà di cuore.
Mi sorrise, tenendo in mano il suo pezzo.
Io gli sorrisi, tenendo in mano la mia metà.
Erano la nostra unica eccezione concessa dall’amore.
Per noi due, solo per noi due, erano rimaste quelle metà.
-Aggiustiamoli insieme. – mi disse.
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