mercoledì 31 agosto 2011

Comunque vadano le cose

E’ un attimo. Un attimo. Durava poco meno di un battito.
Non aveva altro da fare se non aspettare che colasse giù.
Non aveva niente da dire, niente da fare, niente da dare.
Non aveva altro da fare. Era inevitabile.
Non si guardò indietro. Non si era mai guardata indietro.
Era un anno che andava avanti facendosi colare tutto addosso, e tracce non ne rimanevano.
Quindi non c’era niente da guardare ora. Un anno senza usare gli occhi, doveva concluderlo così.
Davanti a lei c’era il futuro, dietro boh, un enorme buco nero.
Giorni ed ore andate via senza alcun problema, senza alcun fastidio, senza nessuna lacrima.
Tutto una grande bocca colorata con rossetto e occhi truccati da gatta.
Non c’era stato nulla di che. Era andato tutto via, in un attimo.
E in un attimo doveva finire. Non c’era da calcolare, ponderare, pensare, ragionare, riflettere o esagerare.  Le cose erano così e basta.
Guardava quello che le stava intorno con le ciglia sospese.
Quegli occhi belli grandi e blu illuminati come il sole scrutavano il grigio che c’era intorno.
Non era strano non provare niente. Non era stano stare lì a sentire la sua testa formulare questi pensieri.
Non era farsi coraggio, non era spronarsi. Era aspettare il momento giusto.
L’attimo giusto. Il battito giusto.
Lo spazio tra quello appena finito e quello giusto, perfetto, che sarebbe venuto.
Era quello spazio adorabile che stava aspettando.
Sentiva le braccia morte intorno ai suoi fianchi, le gambe rigide a sostenerla, il vento in faccia freddo.
Sentiva i brividi sotto il maglioncino leggero. Sentiva la stoffa sbatterle contro i fianchi.
Sentiva i muscoli delle gambe mandarle messaggi del troppo freddo.
Gli slip vi devono bastare.
Pensò solo questo. Fece in tempo a pensarlo.
Spazio perfetto.
Le gambe cedettero sotto comando.
Lo stomaco saltò in aria.
Le mancò l’aria, nonostante tutta quella che le arrivò contro.
Poi non sentì più nulla.
Era il futuro.

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